Dallo stornello al rap, il 20 la finale. Intervista a Elena Bonelli ideatrice del concorso: per la canzone romana è l’ora della riscossa

di Patrizia Simonetti

Roma in musica come non l’avete mai sentita. E per quanto la città eterna non se la stia passando troppo bene in questi ultimi tempi, quella di venerdì 20 novembre all’Auditorium Parco della Musica è una serata tutta in suo onore (qui tutti i particolari), quella della finale, con tanto di premiazione, del concorso Dallo stornello al rap ideato e promosso da Elena Bonelli, portavoce della canzone romana nel mondo.

Elena, hanno risposto davvero tanti giovani alla sua iniziativa…

Così tanti che non me lo aspettavo. Sono arrivate centinaia di proposte di ogni genere, non solo rap ma anche rock, pop, ballate, è stato davvero difficile scegliere, e questo nonostante in tanti mi avessero avvisato che la canzone romana non interessa i ragazzi, invece…

Come se lo spiega?

Evidentemente questi ragazzi si sono messi a lavorare credendo in un’iniziativa in cui hanno visto del buono e per la quale non hanno dovuto pagare nulla perché il concorso è finanziato da me e da qualche sponsor, il che probabilmente li ha stimolati.

Sul fronte dei contenuti cosa l’ha colpita di più?

Il fatto che le tante canzoni arrivate in qualche modo raccontano un momento di Roma che di sicuro nella canzone mancava, ne hanno tracciato la storia più recente perché gli ultimi anni di questa città sono stati molto particolari e qui li troviamo in musica, parole e video.

Che quadro ne esce da questa Roma di oggi vista dai giovani?

Un quadro anche un po’ desolante: c’è ad esempio una canzone bellissima scritta da due ragazzi che dichiarano il loro amore alla città, le dicono che è bellissima ma anche che ormai non c’è più tempo e spazio per loro e se ne devono andare. Anche nei video oltre alla bellezza di Roma esce il suo degrado. Ma tutto questo è servito a lasciare dei segni che sicuramente resteranno nella storia, come fu per il primo Festival della Canzone Romana del 1891 di cui ancora parliamo. Questo concorso è stato un talent in onore di Roma e non mi pare poco.

Le sembra che oggi manchino canzoni dedicate a Roma?

Sì, tanto che quelle più conosciute sono quelle storiche. Poi ci sono stati anche bravissimi e celeberrimi autori come Antonello Venditti che ha scritto canzoni così belle da assurgere persino a inni calcistici, dopo però poi c’è stato il vuoto. Non ci sono canzoni o cantanti che parlano della vita quotidiana di Roma, lo fanno solo i rapper, da qui il mio interesse di unire il rap allo stornello di una volta, che era la canzone per antonomasia che raccontava la cronaca dei romani, la vita nelle osterie, la politica, il gossip volgarmente detto chiacchiericcio da serva. A volte raccontava la catastrofe, basta pensare a quel bellissimo ritornello che dice “all’Arenella più cresce er fiume e più legna viè a galla, più t’arimiro e più me sembri bella…”, perché c’era stata un’alluvione e il Tevere cresceva e portava a galla tutto ciò che si era portato via.

Quindi ecco Dallo stornello al rap

Lo stornello nell’ottocento era un po’ la radio, la stampa, la televisione, l’Internet di oggi e negli anni duemila il rap svolge un po’ la stessa funzione, soprattutto quello che mi piace, quello vero, che viene dei centri sociali e dalle periferie, che racconta la droga, la vita dura dei ragazzi nelle zone di cintura, i disagi, la disoccupazione, pur essendo divertente e seguito dai giovani. Dallo stornello al rap vuol dire un arco di tempo che va dall’ottocento a oggi che ha prodotto anche tanta canzone romana, quella più classica tramandata fino a noi ed è una bella storia.

Il suo impegno per la promozione e diffusione della canzone romana nel mondo è motivato anche dal fatto che quella  napoletana è molto più conosciuta e apprezzata oltre confine…

Ha avuto più fortuna, altri criteri di sviluppo, ha avuto il mecenatismo, l’emigrazione, case editrici importantissime che si sono spostate da Milano a Napoli, invece quella romana no, mai, è sempre stata un po’ bistrattata, basta pensare che nel settecento era considerata la canzone da trattoria per antonomasia anche da intellettuali come Goethe o Massimo D’Azeglio, non la prendevano in considerazione, al contrario di quella napoletana apprezzata invece anche da grandi artisti colti come Pergolesi o Donizetti, Bellini o Rossini. Questo è il momento della riscossa, mi sono stufata di certa stampa di oggi intellettual chic che pensa che la canzone romana sia robaccia e mi da fastidio quando arrivano dei gruppi che all’estero non sono nessuno e invece da noi guadagnano il paginone sui giornali mentre alla nostra canzone, alla nostra tradizione e ai nostri giovani non dedicano spazio neanche quelle testate che dovrebbero parlare di Roma ed esaltarla.

Un impegno che peraltro lei porta avanti da tanto tempo…

Sono quattordici anni che ho iniziato il mio progetto che mira a portare la canzone romana nei grandi teatri dell’opera del mondo, in quelli colti, alla Carnegie Hall di New York per esempio, e ci sono riuscita con riscontri pazzeschi, basta guardare su Internet le reazioni dei giapponesi, che dopo dieci minuti di spettacolo canto Barcarolo romano e loro si alzano tutti in piedi in standing ovation, non mi era mai capitato. Persino quando sono andata a cantare all’Expo in Corea mi avevano avvisato che la gente lì è avara di applausi e che presto si sarebbe alzata per andare via, invece in due ore non si è alzato nessuno e abbiamo fatto venti minuti di bis.

Tornando al concorso, cosa si vince?

I tre ragazzi vincitori si portano a casa 6.000 Euro per farne ciò che vogliono. Inoltre io me li porterò dietro ai miei concerti e ovunque mi sarà possibile. Peraltro proprio in questi giorni un impresario mi ha chiesto il format del concorso e questo qualcosa vorrà dire.

A proposito di Roma città, lei ha aperto un gruppo su Facebook che si chiama Difendi Roma, difenditi da Roma

Al quale mi dedicherò totalmente non appena avrò finito con questo concorso. Adesso tra prove e impegni non riesco a telefonare ai presidenti di municipio e a chi di dovere. Perché quello che voglio dire è di non limitarci a lamentarci, a postare ad esempio foto di immondizia, ma è un invito ad agire, io lo faccio.

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