Come abbiamo già scritto nell’articolo dedicato al film, Carmen Consoli ha composto i brani inediti e curato la produzione artistica, gli arrangiamenti e l’orchestrazione di L’amuri ca v’haju, colonna sonora del film L’amore che ho, scritto e diretto da Paolo Licata e dedicato alle vicende personali e artistiche di Rosa Balistreri, la Voce della Sicilia. Pubblicata dalla Narciso Records, etichetta fondata dalla stessa Consoli, su distribuzione Ada – Warner, L’amuri ca v’haju è il nuovo disco della cantantessa dove però lei non canta, ed esce venerdì 8 maggio, stesso giorno di uscita in sala del film, su tutte le piattaforme digitali, presto disponibile anche in vinile. Per il film Carmen Consoli ha scelto infatti i canti tradizionali interpretati a suo tempo dalla Balistreri o da lei composti, e li ha arrangiati e orchestrati per le attrici, delle quali è stata anche vocal coach. Ha inoltre composto i temi strumentali inediti, suonato le chitarre e, come detto, interpretato un piccolo ruolo, quello di Alice, artista di strada che è stata per un breve periodo la chitarrista di Rosa.
Nel film la storia della Balistreri viene raccontata attraverso 4 fasi narrative: l’infanzia col padre violento, il matrimonio combinato e il carcere, il trasferimento a Firenze con il successo nazionale e i riconoscimenti da parte di grandi artisti, e la vecchiaia con il ritorno in Sicilia, quando Rosa era ormai riconciliata con la sua vita e la sua terra. Ognuna di queste fasi è interpretata da un’attrice diversa e sono proprio le attrici a cantare nel film, prestando la propria voce a quella di Rosa: così, simbolicamente, quella di Rosa è la voce di tutte e tutti gli ultimi, gli sfruttati, gli emarginati, gli abusati, che la Balistreri non ha mai smesso di sostenere e proteggere con quella forza inesauribile, quella autenticità, quella fierezza e quella passione che l’hanno resa icona indiscussa della musica popolare siciliana.
Ad Anita Pomario, volto della Rosa ventenne, giovane madre e sposa indomabile, la Consoli ha affidato le ninna nanne che Rosa cantava alla sua bambina, segno di una tenerezza che nessun dolore ha mai assopito. Le canzoni con un messaggio più politico, quelle contro la mafia, contro il clero corrotto, contro il governo e gli eserciti invasori sono interpretate con l’energia e la potenza di Donatella Finocchiaro, mentre il canto di Lucia Sardo è più dolce, voce della Rosa della tarda età, quando la rabbia si era trasformata in passione, amore e consapevolezza.
Oltre alle voci femminili, Carmen Consoli ha scelto di caratterizzare anche i nuovi brani strumentali composti: ogni tema è legato a un particolare momento della vita di Rosa che si contraddistingue musicalmente per precise scelte armoniche e di orchestrazione: A scavaddata, brano che commenta la Rosa giovane, ha un suono molto mediterraneo, arabeggiante, con una strumentazione ricca e diversificata, dal bouzouki alla chitarra elettrica, dal cajon al theremin, ma anche il violino, il basso elettrico e i vocalizzi della stessa Carmen. Lu requiem si ascolta in un momento particolarmente drammatico, quando la sorella di Rosa è assassinata dal marito davanti a lei e ai loro genitori, è suonato dall’Orchestra Popolare Siciliana e dominato dal canto doloroso degli archi. L’Orchestra ritorna in Angela Nica dedicato al rapporto tra Rosa e sua figlia Angela, ma anche al rapporto tra Rosa e la bambina nascosta dentro di sé: un’infanzia evocata dal suono cristallino del glockenspiel che dialoga con gli archi e si poggia sulle chitarre malinconiche della Consoli, tra cui una chitarra classica appartenuta alla prozia di Carmen.
L’amuri ca v’haju, brano tradizionale rielaborato da Otello Profazio, è l’unico in cui si ascolta la voce originale della Balistreri: qui la musica si svuota per lasciare spazio alla potenza della voce di Rosa, accompagnata soltanto da due chitarre classiche, suonate da Massimo Roccaforte e dalla stessa Consoli. Al film e alla colonna sonora partecipa anche Mario Incudine, artista acclamato della nuova generazione di musica popolare che ha un ruolo anche nel film, quello del vulcanico cantastorie a cui la giovane Rosa confida che vorrebbe diventare una cantastorie come lui. I brani a lui affidati hanno quindi una strumentazione essenziale, come qulla degli artisti di strada, dove la voce è accompagnata dalla sola chitarra acustica: Na virinedda, A barunissa di carini, U baruni re canalazzi, brano che torna nella versione della Consoli, accompagnata anche dal mandolino di Roccaforte.
La colonna sonora curata dalla Consoli, oltre ad essere un atto d’amore nei confronti di una cantautrice e di un’attivista, come amava definirsi la stessa Rosa Balistreri, impareggiabile, è un dialogo, una nota a margine d’ogni espressione degli attori, un commento al delicato mondo interiore dei personaggi del film. La nostra videointervista a Carmen Consoli:
La foto di Carmen Consoli è di Angelo Costanzo