Alberto Sordi e la mostra del centenario nella sua casa (video)

di Patrizia Simonetti

Una grande emozione quella che si prova entrando nella casa di Alberto Sordi, quella casa di cui si era innamorato perdutamente al primo sguardo come fosse stata una bella donna passandoci davanti in biciletta in un giorno di sole del 1954 , isolata dal caos della città, oggi più che allora, da una cinta di verde, là un po’ in alto, sulla collina che guarda sulle Terme di Caracalla, eppure così dentro Roma, la città più amata. Quella casa che voleva comprare anche Vittorio De Sica ma non aveva i contanti perchè se li era giocati, si racconta, dalla quale Alberto Sordi usciva raramente, grande, enorme, lussuosa, fatta a sua immagine e somiglianza, ciò che voleva avere accanto se lo era fatto costruire lì dentro, come un teatro, con tanto di camerini, che usava per piccole rappresentazioni da gustarsi con gli amici e per qualche proiezione, e ci sono anche le sue foto con le sorelle Aurelia e Savina e il fratello Giuseppe, la madre maestra e il padre musicista… Ora quella grande casa è una sorta di Museo e apre al pubblico, dopo attese e rinvii causa Covid, mercoledì 16 settembre, ospitando la mostra intitolata Il Centenario Alberto Sordi 1920-2020,  a celebrare i 100 anni della nascita del grande Alberto nazionale.

Camminando per la casa, e salendo via via le scale che portano ai piani superiori, ci si imbatte in stanze piene zeppe di oggetti, abiti, quadri preziosi e sculture che lo sono altrettanto. C’è la palestra con il suo toro meccanico, la bicicletta, e la cyclette, ci sono i salotti e i saloni con i dipinti di De Chirico comprati direttamente da lui, c’è lo studio, questo protetto da una fitta retina nera che lascia però intravedere cose, libri e premi ricevuti, c’è la barberia, una stanza che è tipo un bagno ma con una vera e propria sedia da barbiere e un grande specchio, e c’è la sua camera da letto con quello stesso letto dove si addormentò per sempre quel 24 febbraio 2003, a lato il comò con le foto di famiglia.

E per chi ne volesse di più, di emozione intendo, ci sono anche due grandi tensostrutture ad ampliare lo spazio espositivo e passare, con la prima, dal Sordi intimo, privato e un po’ eccentrico, al Sordi artista: doppiatore, cantante, compositore, musicista, giornalista, attore, sceneggiatore, regista, con immagini, video, documenti, e manoscritti autografi, dalle sceneggiature dei suoi programmi radiofonici ai copioni, immagini del Giro d’Italia per il quale Alberto Sordi fece il cronista, sketch radiofonici con i personaggi di Mario Pio e Conte Claro, e un film, il primo da lui scritto e prodotto nel 1951, Mamma mia che impressione. E con la seconda, si passa anche al Sordi ancora più intimo e un po’ più segreto: il benefattore, l’amante degli animali, cani e cavalli in primis – nel grande giardino sono sepolti tutti i suoi cani – le donne, tra foto e materiale inedito. E poi ecco i suoi costumi, quelli veri, come quello che indossava quando recitava ne Il Marchese del Grillo, i camici de Il Medico della mutua, e nel mezzo della sala la sola e unica mitica Harley Davidson di Un americano a Roma. E c’è pure un’installazione mediale che sembra un labirinto magico: lo vedi ovunque e lui ti saluta con la sua voce che esce da chissà dove. Vi invitiamo ad andarla a vedere, ma intanto abbiamo fatto un bel giro per voi, buona visione:

 

Le foto sono di Angelo Costanzo