Insisto. Qualcosa di vagamente eroico, nella Roma e nella storia di Adagio, in alcuni dei vecchi criminali sulla via del tramonto raccontati e rappresentati con maestria da Stefano Sollima io l’ho trovato. Del resto, non è forse eroico tacere fino all’ultimo per salvare qualcuno che si ama? E non è forse eroico ributtarsi nella mischia dopo aver dolorosamente e faticosamente conquistato un posto ai margini, nascosto e defilato come in una tana mentre tutto intorno brucia, e rinunciare a un residuo di vita sorniona dove non resta altro che attendere la fine in assoluta immobilità?
Daytona, Cammello e Polniùman sono tre personaggi emblematici di una Roma devastata dalla violenza, dagli incendi e dai blackout, una Roma distopica ma non troppo, metafora e sensazione, specchio dei nostri tempi, risposta all’imperfezione umana, Invecchiati, malati, fuori tempo e fuori luogo, tutti e tre accettano la sfida “di un orgoglio mai sopito e contro i nemici di sempre, polizia e istituzioni” ci spiega Torni Servillo che è Daytona. Notate l’omaggio di Servillo al finale de I Soliti Sospetti…
Mai quanto Cammello, “qualcuno che potresti incontrare per strada, ma anche uscito da un fumetto, una sorta di insetto, di blatta che con il calore del fuoco scappa e starebbe tranquillamente in un buco in un angolo, se potesse”, svela Pierfrancesco Favino nella sua ultima trasformazione. E invece no, Cammello esce dalla tana, affronta, combatte, a modo suo certo, nonostante il male che lo devasta pure da dentro, rinunciando agli ultimi giorni di pace e di vita.
Ed è Polniùman a “innescare la spinta a uscire dall’angolo, come se ricominciasse a giocare al gioco che lui conosce” sottolinea Valerio Mastandrea che interpreta il criminale dagli occhi celesti e spenti. E di certo sarà così, ma le impressioni personali restano. Poi ci sono i poliziotti, i veri criminali di Adagio, largo a loro e alla loro crudeltà immane, come quella di Vasco che “è simile alle fiamme che bruciano la città, padre amorevole con i figli ma capace di convergere verso il male in modo diretto” ci racconta Adriano Giannini, cambiato pure lui nell’aspetto e soprattutto nello sguardo oscurato dal male.
E infine, o forse all’inizio, c’è Manuel, interpretato dal sorprendente esordiente Gianmarco Franchini, il ragazzo da cui tutto comincia, da lui e dal suo errore che si fa ricatto, ma anche la speranza di un futuro diverso e migliore, per Roma e forse, come nuova generazione, per il mondo. Ma non qui e non ora, non nella Roma metaforica e distopica di Adagio: laddove in Suburra c’era la pioggia incessante ma non purificatrice, qui c’è il fuoco che non perdona né redime. Dopo il successo a Venezia 80, Adagio arriva al cinema giovedì 14 dicembre. Le nostra videointervista a a Toni Servillo, Valerio Mastandrea, Adriano Giannini e il videoincontro con regista e cast: