A testa alta: storia di un ragazzo perduto salvato dall’amore. Può accadere se il giudice dei minori è Catherine Deneuve

di Patrizia Simonetti

Malony ha solo sei anni quando la madre, che ne ha 25 e un altro figlio appena nato tra le braccia, chiede al giudice per i minori che l’ha convocata perché il ragazzino non va a scuola da due mesi: “lei lo vorrebbe uno così? Uno che fa dei disastri perché non vuole andare a scuola, che sta sempre tra i piedi, e sta tutto il giorno a fare casino?” e poi lancia sulla scrivania una borsa gridando “queste sono le sue cose, bastano per un mese, lo vuole? Se lo prenda, io non ne posso più”, sbatte la porta e se ne va. Comincia così la vita di Malony, una rabbia dentro incontenibile che più cresce e più rasenta l’autodistruzione, e allora ruba le macchine, ci fa le corse con mamma e fratellino a bordo, e non passa molto che è di nuovo dal giudice perché a scuola ancora non ci va e ne combina di ogni. Così la giudice Florence Blaque gli assegna un educatore ma lui niente, “faccia di merda” lo chiama e dà di matto. E quando torna ancora nel suo  studio, la giudice Blaque fa portare via forbici e tagliacarte e pure il vaso di vetro con i fiori che con lui non si sa mai e poi lo ammette che non sa più cosa fare.

A testa alta, il film francese di Emmanuelle Bercot che ha aperto Cannes, arriva oggi, mercoledì 19 novembre nelle nostre sale grazie a Officine Ubu alla vigilia della Giornata mondiale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza a raccontare una storia dura, di un ragazzino che “è da quando cammina che è un delinquente, ho messo al mondo un mostro come suo padre” dice la madre bambina sempre con i capelli in disordine e i denti da curare. Eppure tra loro c’è un legame forte, l’affetto e l’amore, seppur a suo modo, un modo probabilmente sbagliato, sono le uniche cose che può dargli. Così lo mandano in un centro di riabilitazione per sei mesi, un posto immerso nel verde che diventerà la sua casa, dove quando i ragazzi si azzuffano e si offendono poi li costringono a far pace, dove l’assistente sociale Clodine ne coglie persino il senso dell’umorismo tra uno scatto d’ira e l’altro mentre gli insegna a scrivere una lettera che dovrebbe farlo riammettere nella scuola dalla quale è stato espulso, dove costruisce le rampe per i disabili anche se i disabili non gli piacciono perché fanno rumore e gli fanno paura, racconta alla madre per telefono, e dove per il suo 16esimo compleanno gli fanno pure la torta e a pranzo c’è la giudice Blaque che gli si affeziona, anche se non lo dà a vedere, e è solo un caso se si trova lì, dice. E dove incontra Tess, la figlia di Clodine che vede del buono in lui e ci passa sopra alla loro prima volta rabbiosa e un po’ violenta, e si innamora dandogli un figlio che lui salverà in extremis non sapendo che poi sarà lui a salvarlo.

Un film che racconta il disagio quasi da dentro, che non la fa tenera ma che dà speranza mostrando un mondo, quello delle istituzioni, in questo caso francesi, per una volta amico: la giudice, gli assistenti sociali, gli educatori qui sono davvero bravi, con tutti i loro bagagli di sofferenza e di errori, ma bravi, dove bravi vuol dire convinti e impegnati nel loro fare, non per tagliare corto e scrollarsi i problemi di dosso, ma accollarseli in pieno e fare, o tentare di fare, la cosa giusta, anche non sembra, provando e riprovando ancora, senza stancarsi troppo di dare un’altra chance e non arrendendosi fino alla fine, credendo in una riabilitazione possibile, anche se lenta e complicata. A testa alta nasce da un ricordo che Emmanuelle Bercot ha conservato per anni: “mio zio era assistente sociale – racconta la regista – e gestiva un campo estivo per giovani delinquenti dove c’era anche un bambino. Un giorno andai a trovarlo e rimasi attratta dalla loro insolenza, dal loro atteggiamento ribelle nei confronti dell’autorità e delle convenzioni sociali e anche ammirata dal lavoro di mio zio e degli altri assistenti sociali per rimetterli in carreggiata. Poi ho parlato con lui, con un giudice minorile, ho trascorso del tempo in un centro di detenzione per ragazzi e mi sono documentata. Per questi ragazzi amare è dura ma quando capita, salva loro la vita”.
Perfetta Catherine Deneuve nel ruolo della giudice Florance, bravissimo Rod Paradot in quello di Malony,  Sara Frestier è la mamma Severine, Diane Rouxel è Tess.