Tutto può succedere, arriva su Rai Uno la famiglia Ferraro: tanti problemi ma sempre unita

di Patrizia Simonetti

Dopo i Mieli e i Camilli di È arrivata la felicità, ecco i Ferraro. La famiglia ancora al centro della fiction Rai, protagonista da stasera, domenica 27 dicembre, in prima serata su Rai Uno di Tutto può succedere, nuova serie in 26 episodi raccolti in 13 puntate diretta da Lucio Pellegrini e prodotta da Rai Fiction e Cattleya, basata sull’americana e fortunata Parenthood della NBC arrivata da noi nel 2010 e a sua volta tratta dal film omonimo di Ron Howard del 1989, a raccontare tutto ciò, e anche di più, può accadere a una famiglia composta da quattro fratelli, due maschi e due femmine, dai loro genitori e dai loro figli. Relazioni facili e meno facili, scoperte felici come quella di avere un figlio, e infelici, come capire invece che un figlio ha un problema grande, caratteri forti che si scontrano e temperamenti maturi che mitigano e mediano, ma soprattutto un legame di fondo che rende la famiglia unita in tutto e per tutto nei momenti più belli e anche in quelli più difficili.

Tutto comincia con Sara (guarda la nostra videointervista a Maya Sansa) che dopo aver lasciato andare il marito, torna a vivere con i genitori portandosi anche i due figli adolescenti. Poi c’è Carlo l’immaturo (guarda la nostra videointervista ad Alessandro Tiberi). Ed ecco Alessandro, “un uomo estremamente affidabile – ci racconta Pietro Sermonti – serio, onesto e leale, da ragazzino ha fatto pure le veci del padre che stava sempre a correre in moto accollandosi anche troppe responsabilità, apparentemente solido ma prima difficoltà perde quota rapidamente, e innamorato della moglie da vent’anni come se fosse il primo giorno”. Moglie che si chiama Cristina e che “ha scelto di lasciare il suo lavoro di architetto per essere solo madre – ci rivela Camilla Filippi – ed è il punto di riferimento di Alessandro”. Tutt’altro tipo è Giulia, “apparentemente la più perfetta – ci dice Ana Caternina Morariu – perché professionalmente realizzata come avvocato ma in realtà con una grande fragilità e un bel problema, quello di essere una buona madre, e in questo viene aiutata da suo marito”. Che si chiama Luca ed è “mite e paziente – ci racconta Fabio Ghidoni – anche lui è avvocato ma non determinato e ambizioso come sua moglie, per cui si ritrova a fare il marito e il babbo di casa, a custodire il nido insomma, ma solo perché sta cercando un lavoro che lo soddisfi davvero”. Ed eccoci ai capostipiti, ovvero Emma che è “la madre di tutti – ci spiega Licia Maglietta – colei che con un solo sguardo sa perfettamente cosa succede ai suoi figli, al marito e anche ai nipoti, ma lascia a tutti le loro responsabilità senza essere invadente”. Praticamente l’opposto di suo marito Ettore, un “personaggio muscolare – lo definisce Giorgio Colangeli – ex sportivo, abituato ad annettere un certo valore alla disciplina e ai valori forti che cerca di trasmettere ai figli e pure ai nipoti anche in maniera cieca e unilaterale, vorrebbe tanto insegnare ma finisce con l’imparare”. E poi c’è Feven, “una violinista molto appassionata e determinata – ci dice Esther Elisha – la musica è la sua vita ma ha anche un figlo di 5 anni che ha cresciuto da sola con l’aiuto della madre e del padre, e che alla fine metterà Carlo sulla giusta carreggiata”. E poi ci sono i giovanissimi Ambra e Denis (Matilda e Tobia De Angelis), Max (Roberto Nocchi), Federica (Benedetta Porcaroli), Matilde (Giulia De Felici) e Robel (Sean Ghedion Nolasco).

Tra le scene più interessanti e significative non c’è sfuggita quella di un bel giro familiare di canna, certo non premeditato ma liberatorio, al termine di una serata molto particolare su un barcone, scena divertente che ci ha piacevolmente sorpreso trattandosi di una fiction Rai di prima serata e abbiamo chiesto come sia nata. “Abbiamo messo in scena un momento che ci sembrava raccontare come tanti altri il tema della serie – ci risponde il regista Lucio Pellegrini – cioè il senso di fratellanza e parentela che è il filo rosso di tutte le 26 puntate e questa è una delle scene che racconta meglio questo senso di appartenenza”. “Si tratta semplicemente della fotografia di un momento di scioglimento e di un tipo di avvenimenti che all’interno dei rapporti della società capitano – aggiunge il direttore di Rai Fiction Tinni Andreatta – noi dobbiamo raccontare la varietà delle cose, essere inclusivi vuol dire anche aver rispetto della varietà dei mondi e delle abitudini, è una scena leggera e semplice, un modo per raccontarli”.

Degna di nota la colonna sonora di Tutto può succedere firmata dai Negramaro che l’hanno scritta con Paolo Buonvino, autore di tutte le musiche della serie, da Victor Kwality e da Raphael Gualazzi che qui vediamo nella sua breve esibizione alla presentazione della serie: