Talking to the trees, quando a prostituirsi sono bambine. Videointervista a Ilaria Borrelli

di Patrizia Simonetti

Siamo in Cambogia ma potremmo essere da qualunque altra parte… per questo incipit abbiamo chiesto direttamente consiglio a Ilaria Borrelli e lei ha detto che sì, è vero, e che quindi potevamo aprire così il nostro articolo su Talking to the trees, il suo nuovo film che l’ha portata nel sudest asiatico “spinta dalla rabbia – ci dice nella nostra videointervista che trovate a fine articolo – la rabbia per le cifre”. E per cifre intende quei 40 milioni di bambini che nel mondo vengono costretti alla prostituzione, quei 250mila che spariscono ogni anno in Europa e quei 40mila di cui non si sa più nulla in Italia. E anche perché Ilaria Borrelli, scrittrice, sceneggiatrice, attrice e regista (Mariti in Affitto, Come le formiche), crede fermamente nel potere del cinema per sensibilizzare le persone affinché tengano gli occhi aperti, che “la maggior parte degli uomini che abusano di minori, anche nei loro viaggi di turismo sessuale – avverte – sono apparentemente normali e anche molto giovani, non c’è solo l’orco, ma si tratta di persone che sono attorno a noi”. Ecco allora Talking to the trees, in sala da giovedì 17 novembre grazie a Stemo Production e Becrispy Entertainment in collaborazione con The Unknown Creation, che non è un documentario, ma un film vero, con una storia, i suoi personaggi e i suoi colori. Già presentato in prima mondiale al Festival des Films du Monde di Montréal e proiettato al Parlamento Europeo a Bruxelles nella giornata mondiale contro lo sfruttamento sessuale dei minori, Talking to the trees ha il sostegno di Unicef e di Amnesty International.

Siamo in Cambogia dunque, e se a spingere laggiù Ilaria Borrelli, regista, protagonista e produttrice di questo film, è stata la rabbia, a portarci Mia, affermata fotografa che vive a Parigi decisa a smettere con la cocaina, è semplicemente l’amore per il marito Xavier (Philippe Caroit) che fa il commerciante di legname e vive laggiù da diversi anni, per concepire il figlio da sempre voluto, quel Teo cui già si rivolge nei suoi pensieri come in una lettera. Per una coincidenza fortuita, lo sorprende però in uno squallido bordello allestito in uno sporco e fatiscente gruppo di palafitte dove a prostituirsi e a subire torture di ogni tipo sono bambini e bambine e lui è proprio lì con una di loro che si chiama Srey (Setha Moniroth) che prima di finire lì, venduta assieme al fratellino da un tizio ubriaco, viveva con la nonna e il padre e parlava con gli alberi, pregando per loro. Superato lo shock iniziale, Mia è decisa a salvarla quella bambina, e pure il fratello e altre due piccole, Malin e Daan (Yang Sreypich e Kiri Sovann), che le chiedono aiuto, lanciandosi in un’avventura tanto pericolosa quanto meritevole di essere vissuta, arrivando a dare fondo a tutti i suoi risparmi e in parte anche alla sua dignità pur di riportarle alle loro case sfidando la giungla, la ferocia del loro protettore e il potere armato di poliziotti corrotti. E anche la paura e la povertà assoluta di una madre che non rivuole più sua figlia. Dopo Talking to the trees anche i prossimi film di Ilaria Borrelli parleranno di bambini sfruttati, come quello che sta per girare in Africa sul matrimonio e le gravidanze forzate delle ragazzine, “per far aprire gli occhi sul mondo – dice – e per dar voce ai bambini che non ne hanno”. Ecco la nostra videointervista a Ilaria Borrelli:

Leave a Comment