Napoli 44, la Napoli in guerra di Patierno con Totò e Mastroianni

di Patrizia Simonetti

Napoli durante e dopo, in mezzo la guerra. Siamo nel 1943 e un giovane ufficiale inglese di nome Norman Lewis, sergente nella Field Security Service dell’Intelligence Corps, entra con la Quinta Armata Americana in una città distrutta e sconfitta, nei muri, nelle strade e nel cuore. Eppure con tanta vita sotto, come dentro a quel Vesuvio che come non ne potesse più di bombe, fame e morti, si mette a eruttare e giù pure la lava a ricoprire di cenere strade già morte e di morti costellate. Lewis resta però colpito dalla tanta vita sotto la cenere, da quello straordinario reinventarsi dei napoletani nella quotidianità, seppur piegandosi alla necessità del tempo e dell’invasore “buono”. Sì perché gli alleati, americani in primis, non hanno distribuito soltanto sorrisi bianchi e cioccolata nera come ricordano gli ottantenni di oggi, allora bambini, ma hanno preso anche le donne, spesso in piedi, con le spalle al muro, magari in cambio di qualche scatoletta per far mangiare i figli, e anche tante di quelle rimaste senza mariti e fidanzati perché morti e scomparsi chissà dove e allora si deve pur campare e un soldato di quelli guadagna bene… Lewis prende appunti e scrive tutto, nero su bianco, di quell’anno trascorso a Napoli, della fame della gente, dei bambini intelligenti, delle bombe lasciate dai tedeschi sotto i palazzi importanti che scoppiano all’improvviso e fanno ancora stragi, di malattie e di sangue, pure quello di San Gennaro che si scioglie ancora, di bimbe cieche e calve tutte in fila e vestite di nero a piangere per sempre davanti a piccoli ristoranti, e della vita che riprende, nonostante tutto.

Tante parole, tanti appunti, tanti blocchetti nel 1978 finiti in un libro intitolato Napoli 44 (Adelphi) e oggi diventato un documentario con la voce narrante di Benedict Cumberbatch che nella versione italiana sarà di Giancarlo Giannini e che vedremo a gennaio su Sky Cinema. A portare Napoli 44 sul grande schermo e a presentarlo oggi alla Festa del Cinema di Roma è Francesco Patierno (La gente che sta bene), napoletano trapiantato nella Capitale, un’idea nata però proprio a Napoli mentre era a mangiare fuori con il padre dopo una visita al cimitero: “ha cominciato a ricordarmi di quando avevano bombardato il lato sinistro della strada – racconta Patierno – e lui si era salvato perché era su quello destro. E poi mi ha detto che avrei dovuto leggere Napoli 44, ed è lì che è scattata una lampadina e, ancor prima di leggerlo, ho capito che era il progetto giusto. Si parla sempre di Napoli come camorra o cartolina – conclude il regista – spero che questa sia una terza via per raccontare qualcosa della città e per far conoscere ai ragazzi una parte della nostra identità che quel libro racconta”.

In Napoli 44, toccante, a tratti stuggente e terribilmente quanto meravigliosamente vero, Francesco Patierno immagina quel soldato inglese, diventato scrittore famoso, tornare nella Napoli della sua gioventù in divisa che tanto lo affascinò, rivivendo quei giorni e quella scia di guerra camminando a passi anziani per quelle strade con le braccia dietro e il suo libro in mano, a ricordare, e a ricordarci, che la guerra fa male, sempre e a chiunque, che non ce n’è una giusta, che i buoni li rende cattivi ma che tra eroi e macerie c’è la vita che scalpita, sempre e comunque, il tutto tra flashback reali e affreschi moderni, e attingendo pure al cinema con spezzoni di film con Totò e Marcello Mastroianni che “è stato come dirigerli di nuovo – dice Patierno – facendogli interpretare anche un’altra cosa”.

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