Dio esiste e vive a Bruxelles e sua figlia salverà il mondo, almeno nel nuovo film di Jaco Van Dormael. Parigi? La religione non c’entra

di Patrizia Simonetti

Immaginate un mondo alla Truman Show, dove a decidere lo sfondo del cielo e tutto ciò che accade è un Dio sguaiato, arrogante e dispotico con la camicia a quadrettoni e la barba incolta chiuso in una stanza fatta di milioni e milioni di cassette di sicurezza piene di nomi e schede e seduto, sigaretta in bocca, davanti a un computer da cui lancia le sue leggi senza passare per alcun parlamento: e altro che i dieci comandamenti e ama il prossimo tuo come te stesso che “non l’ho mai detto” rivelerà poi, piuttosto che quando cade una fetta di pane con la marmellata cadrà sempre dalla parte spalmata, che la donna che amerai non sarà mai quella che amerà te, e tutto ciò che possa rendere la vita degli uomini un vero inferno sulla terra. E pensare che l’ha creato proprio lui quell’uomo, a sua immagine e somiglianza, dopo aver creato Bruxelles ovvio, visto che le giraffe che si aggiravano per le strade della capitale belga stonavano con il paesaggio urbano. E come sempre accade, anche stavolta saranno le donne a salvarlo, Éa in primo luogo, la figlia di Dio, quella di cui nessuno ha mai sentito parlare, che a dieci anni decide che basta con quel padre padrone che non la fa uscire di casa, anche perché in casa non c’è alcuna porta di entrata né di uscita, che obbliga a guardare in TV solo lo sport e che la prende a cintate se solo si permette di contraddirlo, e che quindi con tutto il coraggio che si ritrova si catapulta nel mondo degli umani per riscrivere un nuovo nuovo testamento con l’aggiunta di sei apostoli ai dodici canonici perché 18 è il numero del Baseball, sport che piace tanto a sua madre, quella cui il marito, Dio, non fa pronunciare una sola parola ma che poi dalle per un attimo il potere e tra una lucidata ai pavimenti e un’altra ti cambia il mondo, compreso il fondale del cielo che a fiori è tutta un’altra cosa. E Gesù? Doppiato nella versione itaiana da Frankie Hi-Nrg, il suo ruolo è relegato a quello di una statuina che prende vita giusto per dare qualche dritta alla sorellina che lo chiama J.C., come rivelarle che se programma la lavatrice in un certo modo si aprirà un varco che la porterà sulla terra, una sorta di passaggio segreto a vederla un po’ più terra terra, che dopo qualche metro a gattoni la vomita in una lavanderia a gettoni.

Un delirio? Certo, ma divertente, per nulla stupido e anche un po’ dissacrante quello del nuovo film del belga Jaco Van Dormael intitolato Dio esiste e vive a Bruxelles da giovedì 26 novembre in sala distribuito da I Wonder Pictures, protagonista il vulcanico, esuberante, adrenalinico Benoit Poelvoorde, belga pure lui e perfetto nel ruolo di questo Dio, e con Pili Groyne in quello di sua figlia ribelle e pure con Catherine Deneuve, in questi giorni al cinema anche in A testa alta, una dei sei nuovi apostoli che finalmente si innamora sul serio.. di un gorilla. Sì perché prima di scendere sulla terra Éa invia a tutta l’umanità un sms la propria data di morte e conto alla rovescia e le reazioni sono disparate quanto, alcune, davvero sconvolgenti. Dunque, per salvare il mondo ci vogliono le donne? O magari proprio una Dea?

“Sono sempre rimasto sorpreso del fatto che quando i bambini cadono, chiedono sempre della mamma invece che del papà – ci risponde Jaco Van Dormael – Io non sono credente ma ho avuto un’educazione cattolica, quindi mi è capitato di leggere dei testi sacri come il Nuovo Testamento e la Bibbia e sono sempre rimasto colpito dal fatto che in questi testi le donne dicono davvero poco. Quindi mi sono detto che le religioni sono sempre scritte dagli uomini per gli uomini. Allora con il mio co-sceneggiatore Thomas Gunzig abbiamo deciso di usare la storia del Nuovo testamento per raccontarne un’altra un po’ surrealista con delle donne protagoniste, per dare maggiore spazio anche a questa Dea che viene sempre messa in un angolo, alla quale da quando ha avuto i figli il marito le ha impedito di toccare il computer che ci avrebbe pensato solo lui. In realtà quindi – continua il regista – non abbiamo voluto parlare di religione ma di altre cose come gli organismi di potere nella società e nella famiglia. Questo Dio rappresenta l’autorità, l’obbedienza, la paura e la punizione mentre sua figlia è una che dice no, che non bisogna aver paura di alcuna punizione, ma essere felici oggi e godersi la vita”.

Inevitabile, a pochi giorni dagli attacchi di Parigi e nel pieno della caccia ai terroristi proprio a Bruxelles, parlare di questo e del rapporto con il film dove peraltro si nomina Allah in una delle leggi promulgate dal Dio 2.0, ovvero quella di mettere gli uomini l’uno contro l’altro anche in nome della religione

“Quando abbiamo scritto la sceneggiatura non volevamo fare un film provocatorio – spiega Van Dormael – che invece ha preso la forma di una commedia. Allora a Parigi c’erano delle manifestazioni contro i matrimoni gay con bambini costretti a portare delle croci in mano. Poi mentre stavamo montando il film c’è stato l’attacco a Charlie Hebdo, ma noi abbiamo deciso di portare comunque avanti l’utopia di poter ridere di tutto con tutti. Poi è evidente che se una cosa così l’avessi fatta a Teheran, non starei certo qui a raccontarla. Il fatto è che quello che sta succedendo anche a Bruxelles non ha tanto a che fare con la religione quanto con la stupidità, con il voler controllare il potere, con la questione del petrolio, dei soldi, dei rapporti di forza e la religione viene utilizzata solo come uno strumento per tutto questo e per convincere dei ragazzi forse scarsamente dotati di neuroni a farsi esplodere”.

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