Arriva Tyrant, politica e drammi familiari tra un paese arabo immaginario e l’America

di Patrizia Simonetti

Già non è facile che tuo padre abbia un figlio preferito e che non sia tu. Mettici pure che tuo padre è il dittatore di un paese arabo che, per quanto in realtà non esista perché immaginario, per te è tutto vero perché anche tu fai parte della storia, c’è decisamente poco da invidiarti. Così dopo che ne hai passate un bel po’, tipo che lui bada solo a tuo fratello Jamal e si preoccupa di salvare solo lui quando un furgone pieno di esplosivo vi viene lanciato contro nel bel mezzo dell’inaugurazione di un ponte per la pace, e chissà quante altre che non abbiamo visto, nessuno può biasimarti se decidi di lasciare l’Abbudin, questo il nome del paese inventato, e andartene negli Stati Uniti a rifarti una vita. Ed è questo che ha fatto oramai vent’anni or sono Bassam Al Fayeed, che in America lo chiamano Barry, un pediatra di successo con moglie e due figli. La sua famiglia originaria però è ancora laggiù e quando il nipote si sposa, decide, seppur di malavoglia, di tornare a casa per la cerimonia.

Questa la storia di Tyrant, 10 episodi da stasera, lunedì 25 maggio, alle 21 su Fox, la serie americana quasi stroncata un anno fa dalla critica nonostante vanti le firme di Gideon Raff – già autore e regista di Hatufim, la versione originale, cioè israeliana, dell’americana Homeland – di Howard Gordon – già creatore di 24 che sempre con l’aiuto di Raff ha prodotto la stessa Homeland – e di Craig Wright – autore e produttore di serie come Lost e Six Feet under. Diretta da David Yates, regista di vari capitoli di Harry Potter, pare però che il primo regista scelto fosse niente meno che Ang Lee che avrebbe dapprima accettato per poi tirarsi indietro. Anche tra Raff e Gordon ci sono stati dei problemi, con il primo che voleva puntare sul dramma familiare senza troppi risvolti politici e il secondo che invece riteneva questi ultimi la parte più importante della serie. E infatti il carattere del thriller politico-soap-novela ne risente. Anche le riprese sono state movimentate: dal Marocco, dove i mezzi pare fossero troppo scarsi, a Tel Aviv, ma per una serie sul mondo arabo, Israele non è proprio la location ideale, così alla nuova escalation di violenze tra Israele e Hamas, si sono trasferiti tutti in Turchia.

Ma torniamo alla nostra storia, anzi a quella di Bassam-Barry, che nonostante non sia troppo entusiasta, e neanche la figlia muoia dalla voglia di andare al matrimonio del cugino visto che laggiù “c’è gente in strada che brucia le foto del nonno e hanno dato pure fuoco alla pasticceria che preparava la torta nuziale” si lamenta con la madre, alla fine però Bassam, che è interpretato da Adam Rayner, quello di Hunted, deciderà di andare, per scoprire che poi ritornare a casa, in America, sarà altrettanto difficile. Avvenimenti familiari, tra cui un lutto che non sveliamo, e la difficile e fragile situazione politica di quello che è pur sempre il suo paese, gli faranno decidere di restare. Ad interpretare sua moglie è Jennifer Finnigan di Crossing Jordan, il fratello cattivo Jamal è Ashraf Baroom e sua moglie la modella e attrice israeliana Moran Atias.

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